La lampada di S.Andrea a Bettica e il suo modello in 3D - ''E luce fu''

 

Le ricerche archeologiche nel complesso conventuale di Sant’Andrea

Bettica (cr. Betiga) è una piccola località nei pressi di Barbariga, oggi poco abitata. Il nome le deriva dalla famiglia Bettica, di probabili origini spagnole. Il casato, attestato a Dignano a partire dal 1520, aveva possedimenti terrieri nella zona. Comunque la storia di Bettica è molto più antica come si deduce dai resti di una villa rustica romana, e poi di un edificio tardoantico-altomedievale, della chiesa paleocristiana di Sant’Agnese e del complesso conventuale di Sant’Andrea.


Oggi tuttavia i tratti archeologici più significativi sono certamente le rovine del monumentale complesso monastico di Sant’Andrea, che si trovano un po’ più a sud, al limite dell’abitato di Bettica. Il complesso è stato completamente esplorato dal Museo archeologico dell’Istria, mentre le ricerche conservative del 1973 e quelle sistematiche e conservative in situ della maggior parte dell’complesso si sono svolte dal 1975 al 1979 sotto la direzione del dr Branko Marušić, coadiuvato da Kristina Mihovilić e Fina Juroš-Monfardin che hanno lavorato alla documentazione sul campo.


La conclusione di dette ricerche è stata che il nucleo del complesso monasteriale era rappresentato dalla cella trichora, una cappella trilobata di inizio V secolo, articolata da lesene e decorata da un mosaico pavimentale bianco e nero. Il sepolcro dell’altare, andato distrutto, indica che in origine la cappella aveva carattere memoriale. La basilica trinavata della prima metà del V secolo, in cui la cappella è incorporata, è a pianta rettangolare. La navata centrale è abbellita da un mosaico pavimentale policromo con medaglioni che riportano le iscrizioni dei donatori. Nel VII secolo sul lato meridionale della basilica venne innalzato un battistero con abside semicircolare all’interno e abside triangolare all’esterno. Una cappella mortuaria quadrangolare venne eretta nell’VIII secolo a sud del battistero. A ovest della basilica, nella seconda metà del V secolo, venne costruito un convento unito in un unico insieme al complesso basilicale. Il convento comprendeva un chiostro con cisterna circondato da portici e da altri ambienti in cui vivevano i monaci. Convento e chiesa vennero abbandonati nel XIII secolo.


Nel 1996, a causa delle frequenti devastazioni subite, venne realizzata una dettagliata documentazione per valorizzare il sito archeologico. A quel nuovo piano di tutela del complesso conventuale di Sant’Andrea a cura da Fina Juroš-Monfardin, curatrice del Museo archeologico dell’Istria. Il Museo se ne prende cura anche oggi con periodici interventi di controllo e pulizia.

 

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Le lampade

Le lampade sono una categoria di reperti assai diffusa; la loro frammentarietà rende però difficile assegnarle a una precisa forma tipologica. Come sorgenti di luce erano ampiamente usate nei più diversi ambienti sia sacri sia profani. Servivano ad illuminare tanto gli umili interni delle chiesette di campagna quanto le cattedrali più sfarzose e, in minor misura, gli edifici profani pubblici e privati. Della loro importanza e uso quotidiano fanno fede anche le opere d’arte che ne raffigurano i vari tipi, come le lampade biconiche e quelle imbutiformi.

Così, ad es., un’eccellente opera d’oreficeria del 1380, ossia l’arca di S. Simeone che si trova nell’omonima chiesa zaratina, rappresenta delle lampade su tre dei suoi rilievi. Raffigurazioni del genere si trovano altresì nella pittura a fresco dal XII al XV secolo: ad es. l’affresco nella chiesa di Santa Maria Assunta di Muggia (XIII secolo), che ritrae S. Caterina con una lampada biconica in mano; e nella Cappella degli Scrovegni a Padova (inizi XIV secolo), dove nel suo ciclo di affreschi anche Giotto ha dipinto delle lampade, in questo caso imbutiformi.
Il prototipo delle lampade pensili ansate proviene dalle botteghe levantine altomedievali del VI e VII secolo, che dal XIV al XVI secolo servirono da modello alle botteghe veneziane. La lampada biconica con anse applicate (il tipo cosiddetto islamico) trae origine dai prototipi orientali. È la forma più presente nel corso dell'alto e del basso medioevo e arriva in alcune varianti fino agli inizi del XVIII secolo.


Di solito le lampade erano dotate di tre anse che servivano per infilarvi le cordicelle necessarie ad appenderle, e si potevano anche presentare lisce senza applicazioni sula forma. Lampade del genere erano frequenti in Croazia nel territorio della Dalmazia (Zara, Spalato, Ragusa), in Slovenia, Italia, Spagna, Francia meridionale e lungo tutto l’Adriatico orientale e in genere nel Mediterraneo.


È risaputo che i corpi luminosi erano per lo più situati nella zona absidale della chiesa. Le lampade biconiche potevano venir sospese singolarmente a una catena di metallo oppure, grazie alla propria forma, ossia al fondo anulare ingrossato, potevano funzionare come corpo luminoso autoportante. Le lampade imbutiformi con appendice allungata richiedevano l’uso di un sostegno metallico (gr. polykandilon).


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L'Arca di San Simeone nell'omonima chiesa di Zara / documentazione del Museo archeologico di Zara

 

 

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Conservazione e restauro dell’oggetto museale e elaborazione del modello in 3D

La conservazione e il restauro del materiale museale proveniente dal sito di Bettica /S. Andrea hanno compreso una protezione preventiva e curativa eseguita sul vetro archeologico rinvenuto durante le ricerche del 1977. La protezione curativa è stata applicata in primo luogo a causa dell’evidente e avanzato processo di devetrificazione. Si è altresì proceduto a un intervento di restauro dello stesso vetro per le necessità dell’esposizione temporanea, oltre che come prassi archeologica. Durante il 2016 sono stati sottoposti a protezione curativa, cioè a pulizia preventiva e consolidamento, 328 frammenti di vetro, operazioni aventi lo scopo di stabilizzare e rallentare l’ulteriore deterioramento del materiale. Il consolidamento si è reso necessario causa i pesanti danni subiti (esfoliazione degli strati) dai frammenti, provocati dalle condizioni climatiche inadeguate in cui il materiale archeologico era venuto a trovarsi. Per le necessità di trattamento del ritrovato e della sua esposizione e presentazione, tutto il materiale vitreo raccolto è stato prima sottoposto a esame, grazie al quale è stato appurato che apparteneva al minimo a cinque lampade a sospensione con corpo biconico, cioè al cosiddetto tipo islamico. I frammenti vitrei sono stati poi assortiti secondo la tipologia e la fattura e, dopo un dettagliato esame, sono stati separati quelli che combaciavano, che a loro volta sono stati incollati con colla epossidica bivalente.

 

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Si è deciso che di tutto il materiale vitreo trovato nel sito di S. Andrea sarebbe stata presentata questa rara e molto frammentata lampada. I suoi frammenti sono stati ripuliti dalla sporcizia, incollati e in parte ricostruiti per conferirle stabilità. Inoltre è stata foggiata con una miscela epossidica un’ansa mancante. La ricostruzione completa dell’oggetto è stata complicata per la mancanza di alcuni elementi, ossia dall’assenza del pieno profilo. Sono stati fatti diversi tentativi di ricrearlo prima in argilla, poi con una miscela epossidica, ma i risultati non sono stati soddisfacenti.

 

 

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Per fortuna il rapido sviluppo delle tecnologie additive, sviluppo che non ha aggirato nemmeno il mondo dell’archeologia, ci ha soccorso. È risaputo che per studiare e documentare i beni culturali si ricorre sempre più spesso alla tecnologia 3D, che permette la scansione, l'analisi e la ricostruzione digitale degli oggetti. Tramite il suo uso è possibile giungere a interessanti metodi di presentazione dei reperti archeologici, quali il modello 3D interattivo e l’animazione olografica, nonché i facsimili in 3D.

Un modello tridimensionale può venir impiegato come sussidio museologico tattile, come souvenir o esposto in vece dell’originale quando quest’ultimo risulti per qualche motivo in pericolo. Per elaborare un modello tridimensionale si può ricorrere a uno dei seguenti metodi: scaricare il modello pronto da internet; disegnare sin dall’inizio l’oggetto tridimensionale completo; scansionare un oggetto esistente. Nel nostro caso è stato unicamente possibile elaborare la forma iniziale (disegno tecnico). Il passo seguente ha riguardato l’elaborazione tridimensionale del modello geometrico nel programma CADn(Computer Aided Design) salvandolo nella banca dati STL (Standard Tessellation Language), che offre una serie di istruzioni (codice G) per l’avvio del processo elaborativo. È stato poi necessario preparare il modello per la stampa nel programma Ultimate Care, perché la forma ottenuta deve essere „ermetica“, cioè la sua superficie deve essere monoliticamente chiusa, senza vuoti, in modo che interno ed esterno del modello siano nettamente separati. L’elaborazione si caratterizza per il fatto che tramite un estrusore a caldo viene liquefatto il filamento polimerico, sovrapponendo poi strato su strato finché l’oggetto non è completo. Il modello tridimensionale della lampada è stato realizzato in 35 ore di stampa tramite una stampante Ultimaker 3D. Una volta ottenuto il facsimile in 3D, si è passati a preparare l’applicazione dei frammenti originali sul modello e all’incollamento dell’anse in pvc, che serve a reggere la catenella per la presentazione alla mostra.

 

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Catalogo

 

 

Otto frammenti di lampada pensile dal corpo biconico, del tipo cosiddetto islamico, con anse per la sospensione disposte radialmente. Delle tre anse originali se ne sono conservate due di vetro in colore trasparente dalle sfumature leggermente nocciola. Filamenti di vetro decorativi sono applicati orizzontalmente e obliquamente sul collo della lampada, mentre le anse sono abbellite da incavi quadrati disposti regolarmente che ricordano una rete da pesca. L’orlo imbutiforme è leggermente estroflesso, mentre il fondo rotondo è conico e rientrante, all’esterno rinforzato con un anello circolare massiccio.


N.ro inv
.: AMI-S-6872
Materiale/tecnica: vetro/fusione, applicazione di anse e filamenti decorativi
Dimensioni: frammenti di lampada, altezza supposta = 14,6 cm; diametro dell’imboccatura: 11,5 cm; diametro del fondo: 9 cm
Luogo del ritrovamento: Bettica / Betiga, chiesa di Sant’Andrea, tomba d’altare, nella malta a livello del mosaico (Branko Marušić, 30 settembre 1975)
Datazione: XIII secolo

 

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Bibliografia

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La lampada di S. Andrea a Bettica e il suo modello in 3D
E luce fu


 Mostra
Via Carrara 4, Pola
Una finestra sul passato
4. 2. - 10. 4. 2020.


 Autrice della mostra e del testo: Monika Petrović


 Organizzatore ed Editore: Museo archeologico dell’Istria


Rappresentante dell’Organizzatore e dell’Editore: Darko Komšo


 Redazione: Darko Komšo, Adriana Gri Štorga, Katarina Zenzerović


 Autore dell’allestimento, veste grafica: Vjeran Juhas


 Disegno: Monika Petrović


 Disegno in 3D CAD: Mario Ribica


Stampa in 3D per il MAI: Đeni Gobić-Bravar


 Autori delle fotografie:
Tanja Draškić Savić, Monika Petrović, Dokumentacijski odjel Arheološkog muzeja Zadar, Dokumentacijski odjel Arheološkog muzeja Istre


 Restauratore: Monika Petrović


 Coordinatrice della mostra: Monika Petrović


 Traduzione italiana: Elis Barbalich-Geromella


Traduzione inglese: Neven Ferenčić


Correzione dei testi:
Irena Buršić, Adriana Gri Štorga, Milena Špigić,
Katarina Zenzerović


Stampa: MPS Pula


 Tiratura: 500


 Pola, 2020.

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