Termini e segnacoli

i contrassegni dei confini e la loro demarcazione in Istria dal medio evo alla nostra epoca

Autori del progetto:

  • mr. sc. Tatjana Bradara, curatrice superiore, Museo archeologico dell'Istria, Pola.
  • prof. dr. sc. Slaven Bertoša, Università degli studi «Juraj Dobrila» di Pola – Dipartimento per le scienze umanistiche – Sezione per la storia
  • Nenad Kuzmanović, collaboratore esterno di Fiume

Cenni storici
di Slaven Bertoša

Nel ricchissimo patrimonio storico-culturale dell'Istria a rivestire un significato assai particolare sono i resti materiali rimasti a contrassegnare i confini e le demarcazioni di un tempo. Un progetto interdiscipliare e multidisciplinare di vasta portata del Museo archeologico dell'Istria con sede a Pola cercherà di scoprire e descrivere nei dettagli i contrassegni confinari, datati dal medio evo in poi, ancora esistenti in Istria. Per prima cosa saranno analizzati i termini statali, e soprattutto quelli risalenti al passato austro-veneziano dell'Istria (XIV-XVIII sec.), fino alla caduta della Repubblica di Venezia nel 1797.

Di peculiare importanza sono i termini di pietra che segnavano i limiti di aree di particolare interesse statale, come, ad esempio, i boschi, cui all'epoca di Venezia veniva riservata grande attenzione. In Istria il più importante era il Bosco di Montona o Bosco di San Marco nella valle del fiume Quieto. Ma vi sono anche i boschi Vedorno presso Monpaderno, e quelli di Geroldia nell'Orserese (sul versante settentrionale del canale di Leme), di Cornaria presso Momiano, Kvanjke presso Pavicini, di Caval sotto al villaggio di Peruschi, Primo presso Castelnuovo d'Arsa (in cr. Rakalj), Saranzana presso Sissano, Magran presso Altura, e Lisignamoro e Siana nel Polese, dove parecchi cippi terminali risalgono anche al XIX sec. ( dato che, dopo la caduta di Venezia, a occuparsi delle foreste istriane fu l'Austria).  E diversi nel corso del trascorrere dei secoli sono stati danneggiati, alcuni sono stati seppelliti o sono andati completamente distrutti in seguito alle trasformazioni subite dal terreno; un paio sono stati persino rubati.

Dei termini confinari in Istria finora s'è scritto poco. La situazione attuale in questo campo è stata descritta dal dr. sc. Danilo Klen, dal mr. sc. Marino Budicin, da Christian Gallo e Anton Meden, mentre il dr. sc. Vjekoslav Bratulić ha analizzato il catastico di Vincenzo Morosini. Invece la situazione ai confini dei Casali Sumberesi (in cr. Šumber), a San Giovanni d'Arsa (in cr. Sutivanac), Barbana e Albona, è stata trattata, sulla scorta dei dati risultanti nel lascito dell'ex podestà di Barbana Josip Antun Batel, anche dall'autore di quest'articolo. Sempre in base a materiale archivistico e dopo lunghe ricerche nell'Archivio di stato di Venezia, i segnacoli confinari sono stati illustrati pure dal prof. dr. sc. Miroslav Bertoša. In una grande monografia sull'Istria egli ha analizzato nei dettagli la situazione nelle cosiddette differenze. Nel contesto storico dell'evo moderno la complessa questione del confine austro-veneziano in Istria verrà maggiormente acclarata quando saranno ritrovati tutti i segnacoli confinari tra Venezia e l'Austria ancora esistenti, e ciò permetterà di definire nei particolari la linea di confine che le discriminava. 

Per la Serenissima il confine istriano era importante in quanto la metteva in contatto con la sua secolare concorrente, la Monarchia asburgica. Si trattava di un confine significativo non solo per la Città sulla laguna, ma così pure per l'Occidente europeo. L'incerta e giuridicamente mal definita demarcazione austro-veneziana in Istria era difesa, da ambedue le parti, soprattutto dai contadini reclutati nelle formazioni militari o che si riunivano spontaneamente in raggruppamenti semiprivati di predoni armati per contrastare le usurpazioni del proprio territorio. Ai tempi delle guerre della Lega di Cambrai (1508-1523) e degli Uscocchi (1615-1618) la tattica praticata in quei colpi di mano rusticani si riduceva a sconfinamenti e irruzioni.

Per seguire nei dettagli la problematica confinaria in Istria bisogna arrivare al XVI sec. I deliberati imperiali di Worms del 1521 e la sentenza tridentina del 1535 lasciarono indefinite molte terre di confine. I lotti non ripartiti, detti «differenze», erano dei territori naturali utili alle comuni necessità economiche, che ben presto divennero però focolai di contese, i cosiddetti luochi contenziosi, cioè un teatro di continui scontri.

I resti materiali dei termini confinari
di Tatjana Bradara e Nenad Kuzmanović

I confini esistono da quando esiste l'uomo. Erano conosciuti già nell'antico Egitto e a Babilonia; i Romani veneravano Termine, dio dei limiti e dei confini, protettore dei possedimenti. I confini possono essere rappresentati anche da contrassegni naturali, come stagni, grotte, fiumi, torrenti, monti, alberi.

Il segnacolo più antico, e il più semplice, è il segno della croce scolpito nella roccia viva. La croce compare da sola oppure assieme a lettere e/o a numeri o, ancora, combinata con uno zoccolo equino.

In territorio istriano finora sono state trovate diciotto lastre quadrate (cca 50 x 50 cm di lato), su cui sono raffigurati un leone e/o uno stemma, che stavano a indicare il confine tra Venezia e l'Austria. Il leone è raffigurato «in moleca», ovvero frontalmente con un'aureola attorno al capo, le ali spiegate, è volto a sinistra e trattiene con la zampa un libro aperto senza testo. Ha una corporatura massiccia con tratti antropomorfi.  Tutte le lastre hanno scolpito in alto l'anno 1755. ( foto 1)

Foto 1: Draguccio, leone «in moleca» con l'anno 1755 (Tatjana Bradara).
Foto 2: Cere, stemma austriaco con l'anno MDCCLV (Nenad Kuzmanović).

Le lastre con lo stemma mostrano uno scudo cuoriforme con una fascia orizzontale; lo scudo è affiancato da due cornucopie, di cui quella a sinistra contiene un ramo di palma, mentre da quella a destra spunta un ramo di lauro (?). In cima due larghe foglie sovrastate da una corona al cui centro figura una sfera con la croce. Sono datate con l'anno MDCCLV disposto su due livelli. ( foto 2)

Le lastre poggiavano, cioè erano fissate tramite ganci di ferro, su corpi rettangolari di dimensioni maggiori, fatti di mattoni o pietre terminanti in alto a piramide; dalla parte austriaca c'era lo stemma, da quella veneziana il leone. Attorno alla metà del XVIII sec. tra l'Austra e Venezia erano in corso trattative per la definizione delle questioni confinarie locali. Simili lapidi, raffiguranti il leone e lo stemma austriaco, sono state rinvenute anche in Friuli , sempre a segnare la linea di demarcazione confinaria.

I boschi venivano segnalati da termini confinari di pietra. Nel Bosco di Montona, che era sotto la diretta giurisdizione del Consiglio dei Dieci, i termini oggi visibili sono datati al 1779, anno in cui venne effettuata la terza delimitazione confinaria della foresta. La maggior parte dei cippi reca scolpite le lettere C X (Consiglio dei Dieci), l'anno 1779, le lettere C. F. (Confine Forestale o Catastro Forestale) e un numero di serie. Alcuni cippi, indicanti una determinata zona, mostrano uno stemma a forma di mandorla, sul quale vi sono lateralmente le iniziali Z. P. e la scritta con il nome della zona (foto 3). Nel bosco di Geroldia (in cr. Kontija) la maggior parte dei contrassegni confinari risale al periodo austriaco: vi sono scolpiti le lettere K. K. (Kaiser und König) e dei numeri ( secondo il sistema dei numeri d'ordine) (foto 4). Particolarmente imponenti sono quelli nei boschi di Cornaria e Farné, i quali, accanto alla raffigurazione del leone, presentano una scritta e l'anno 1754.

Fino al 1797 i confini fra la signoria di Lupogliano e l'Istria asburgica erano segnati da cippi su cui erano scolpite le iniziali DHM (DOMINIUM HABSBURGENSIS MONARCHIAE) (foto 5). Erano demarcati anche certi possedimenti; sotto la cima Kupica (comune di Lupogliano) si trova un termine che presenta sui lati contrapposti le lettere P e L sovrastate dalla croce, mentre su un altro, a Sanvincenti, su un lato c'è lo stemma dei Grimani e sull'altro quello della famiglia Avogadro di Brescia con le iniziali A, C e l'anno MD·CXIIII incisi.

Foto 3: Bosco di Montona, indicazione della zona detta OTHOCO DE SEGNAC (Tatjana Bradara).
Foto 4: Geroldia, K.K. 273 (Tatjana Bradara).
Foto 5: Cippo confinario della signoria di Lupogliano (Nenad Kuzmanović).

I contrassegni confinari sono nella stragrande maggioranza di calcare e in minore misura di arenaria. Le dimensioni variano dai 70 ai 300 cm e possono recare l'anno, delle lettere, dei numeri, una croce, uno stemma, il leone «in moleca», un testo. Una singola serie reca sempre lo stesso anno, cioè quello della demarcazione, mentre le cifre seguono il sistema dei numeri d'ordine e possono essere preceduti dalla lettera Nº. Di solito, sulla superficie piana superiore sono scolpite delle linee che indicano la direzione in cui il confine si estendeva ( molto frequenti sui cippi dei boschi). Alcuni dei contrassegni furono riutilizzati in periodi successivi, sicché non è insolito trovare sullo stesso cippo i segnacoli del periodo veneziano accanto a quelli successivi del periodo austriaco.

Il fine ultimo di questo progetto è anzitutto quello di preservare dalla distruzione e dall'oblio i termini confinari cui finora non è stato riservato interesse alcuno, che sono stati trascurati, o che sono sconosciuti o non abbastanza studiati. Oggi si possono trovare inseriti in costruzioni come portoni, stipiti, facciate, panche appoggiate alle case, strade. Purtroppo, sono stati in parte distrutti dagli agenti atmosferici, ma la maggior parte è stata danneggiata durante la costruzione di strade, nelle opere di regolazione del corso del Quieto, in seguito ad altri lavori agricoli in campi e boschi o dall'urbanizzazione.

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